Un’Epifania con donne sagge?
di Sr. Christine Schenk (apparso originariamente su NCR Online il 7/1/2016)
Nel periodo natalizio, gli amici mi mandano occasionalmente cartoline, tazze e altre cose assortite che elogiano le “tre donne sagge”. Probabilmente le avete viste: “Tre donne sagge avrebbero chiesto indicazioni, sarebbero arrivate in tempo, avrebbero aiutato a far nascere il bambino, spazzato la stalla, preparato una casseruola e portato doni utili”.
Adoro questa divertente interpretazione femminista di un’amata storia di Natale.
Ma, recentemente, una rinomata autorità sul Vangelo di Matteo, il domenicano p. Benedetto Tommaso Viviano, ha scritto che ritiene del tutto possibile che le donne potessero essere tra i Magi ritratti nel racconto della nascita di Matteo. Viviano è professore emerito all’Università di Friburgo, in Svizzera. Ha anche scritto il commento a Matteo nel Commento biblico del Nuovo Girolamo.
Matteo è l’unico Vangelo che dice qualcosa di Magi. Potreste rimanere sorpresi nell’apprendere che questo Vangelo non attribuisce un numero, un genere o uno status reale ai Re Magi d’Oriente. Il tradizionale numero tre è stato dedotto dai tre doni d’oro, incenso e mirra, e l’idea che i Magi fossero re non apparve fino al quinto secolo. L’uso che Matteo fa del greco maschile al plurale “magoi” per i magi può essere usato in modo inclusivo, così come la parola inglese “men” spesso include le donne.
Ma c’è molto di più della grammatica nell’affermazione di Viviano, meravigliosamente provocatoria. Il Vangelo di Matteo era destinato a un pubblico ebraico. Viviano è specializzato nell’esaminare il libro di Matteo alla luce delle sue connessioni letterarie con la Bibbia ebraica (Antico Testamento). È su questa analisi che egli basa le sue argomentazioni sul magoi femminile.
Secondo Viviano, “La ragione principale per pensare alla presenza di una o più donne tra i magi è la storia di fondo della regina di Saba, con la sua ricerca della saggezza reale israelita, la sua reverente soggezione e i suoi tre doni adatti a un re”.
Il primo libro dei Re, capitolo 10:1-29, narra la visita della regina a re Salomone con doni d’oro e spezie come la mirra e l’incenso.
Viviano ritiene che vedere lo sfondo Salomone-Saba come un parallelo biblico stretto con la storia dei Magi apra alcune “possibilità precedentemente trascurate” come “la saggezza e gli aspetti femminili della narrazione”.
Egli indica la tradizione israelita di personificare la sapienza come femminile (Proverbi 8:22-30, 9:1-6 e Siracide 24) e nota che per Matteo, Gesù incarna la sapienza (Matteo 11:19, 25-30).
Ancora più convincente per me è che in Medio Oriente sarebbe stato inconcepibile per gli uomini essere in presenza di una donna senza la presenza di altre donne. Giuseppe è vistosamente assente quando i Magi visitano. Questo è sorprendente, dato che il racconto dell’infanzia di Matteo racconta normalmente gli eventi dal punto di vista di Giuseppe. (Nel racconto di Luca, Maria è più prominente).
La frase “il bambino e sua madre” è usata cinque volte nel racconto della fuga dei Magi in Egitto (Matteo 2:11, 13, 14, 19, 21). Per Viviano, “La presenza della madre di Gesù, Maria, è un’esplicita affermazione della presenza di una donna al momento della visita dei magi. Si tratta di assistere alle risonanze femminili del testo”.
Gli studiosi ci dicono che i magoi erano una casta associata all’interpretazione dei sogni, all’astrologia, allo zoroastrismo e alla magia. A sostegno della tesi di Viviano, lo zoroastrismo permetteva alle donne di servire come sacerdoti e nell’antica Persia c’erano donne astronome e governanti.
Secondo il defunto sulpiziano p. Raymond E. Brown, un acclamato biblista, gli studiosi ritengono che il magoi provenisse probabilmente da uno dei tre luoghi: Persia (l’attuale Iran) perché il termine magoi era originariamente associato ai persiani; Babilonia (Iraq) perché i babilonesi erano interessati all’astronomia e all’astrologia e lì c’era una grande colonia ebraica; o Arabia per i doni di oro e incenso associati a Saba.
Ma cosa si può dire della storicità della storia dei Magi di Matteo?
Credo che la discussione di Viviano nel Commento biblico del Nuovo Girolamo abbia ragione. Mentre la narrazione dell’infanzia di Matteo ha diversi probabili elementi storici in comune con il racconto di Luca (Gesù era della tribù di Giuda, nato a Betlemme e cresciuto a Nazareth), “ci sono anche alcuni elementi leggendari in Matteo 1 e 2” che Brown identifica come “genere di narrazioni dell’infanzia di uomini famosi”.
Nel mondo antico, era comune attribuire retrospettivamente segni insoliti nei cieli (un astro nascente) ed eventi sulla terra (presagi e previsioni di figure di saggezza) alla nascita di un nuovo e potente sovrano.
Brown indica anche l’improbabilità storica che Re Erode avrebbe avuto difficoltà a localizzare il bambino Gesù in una città a soli 5 miglia da Gerusalemme quando, secondo la leggenda, una stella luminosa permetteva ai Magi di trovarlo con facilità.
Che probabilità c’è che le donne Magi fossero alla mangiatoia quando sembra improbabile che i Magi maschi siano mai stati lì?
Entrate nello squisito concetto ebraico di Midrash.
Un Midrash è un’interpretazione creativa dell’Antico Testamento, spesso usata per scopi omiletici, che spesso impiega la narrazione. È una sorta di lectio divina – riflessione teologica attraverso la quale i credenti scoprono il significato personale e comunitario della Scrittura.
Per Viviano, anche se Matteo 1-2 non è un Midrash in senso stretto (poiché non si tratta dell’Antico Testamento), esso tuttavia “utilizza tecniche di esposizione midrashiche” per interpretare la persona di Gesù. Nella sua magistrale opera La nascita del Messia, Brown nota: “Ma se il midrash è inteso come l’esposizione popolare e fantasiosa delle Scritture per la fede e la pietà, allora il termine può essere opportunamente applicato al modo in cui le narrazioni dell’infanzia sono state interpretate e ravvivate nel cristianesimo successivo”.
Ed è così che troviamo presto tre re reali (maschi) di nome Caspar, Balthasar e Melchiorre. Caspar è ritratto come nero per rappresentare tutta la diversità del mondo gentilizio orientale. Alla fine, la riflessione midrashic ha portato a considerare i tre doni come simboli per diversi aspetti della vita cristiana: oro per la virtù, incenso per la preghiera e mirra per la sofferenza.
Data la ricca storia di elementi midrashic associati all’Epifania, non siamo quindi affatto in errore nel riflettere sul fatto che i Magi avrebbero potuto includere anche le donne sagge.
Per la maggior parte, il messaggio principale del racconto dei Magi di Matteo è che gli stranieri saggi ed eruditi – gli ultimi “estranei” per il suo pubblico ebraico-cristiano – sono venuti a rendere omaggio a un neonato sovrano, Gesù il Cristo, il cui potere spirituale e la cui saggezza hanno superato il loro.
Le diverse leadership femminili, così ricche di doti spirituali, sono spesso viste come “estranee” dai leader maschili della Chiesa cattolica.
Prego che i nostri fratelli celebrino presto un nuovo tipo di Epifania – una in cui i doni ricchi di virtù, la preghiera e la leadership sofferente delle donne sagge siano accettati in ugual misura e con grazia nel corpo neonato di Cristo.