Testimonianza 21: dalle terre di missione
Provo ad entrare in contatto con voi con discrezione ed una certa preoccupazione. Le ragioni sono che sono maschio e non credente, ma poiché i casi della vita mi hanno portato in un paese africano ove trascorro molto tempo da ormai 15 anni, il contatto con una realtà diversa mi ha costretto a prendere iniziative in stretto contatto con le strutture ecclesiastiche cattoliche del posto. Con mia moglie abbiamo sostenuto e continuiamo a farlo, lo sforzo educativo di molti giovani del villaggio ove abitiamo.
Il sostegno avviene mediante la copertura dei costi scolastici ed a volte anche di vitto ed alloggio di quei giovani che hanno la volontà di istruirsi e dimostrano capacità. La struttura scolastica locale è costituita da un complesso di classi sino alle superiori gestita da suore e supervisionata da preti cattolici che risiedono in loco e sono di nazionalità di quel paese. La frequentazione è a pagamento. Quale dunque il problema che vi sottopongo? È capitato ad alcune ragazze da noi sostenute di rimanere incinte. Parliamo di giovani la cui età varia dai 13 ai 16 anni e quando questo accade le ragazze vengono espulse da scuola. A nostre richieste di spiegazione del provvedimento inizialmente si dono sostenute teorie miranti a dimostrare che si si aveva a cuore il nascituro e la necessità che fosse accudito dalla mamma. Approfondimenti hanno fatto emergere poi che la ragione fondante era “lo scandalo”. Il partner maschile, se pur individuato, non veniva comunque sanzionato in quanto sul suo corpo non vi erano tracce evidenti dello scandalo. Non ho interesse a raccontare la nostra reazione che in questo contesto non ha alcun peso. A peggiorare il nostro sconcerto si è aggiunto il fatto che l’anno seguente, a bimbo svezzato, le ragazze non sono state comunque riammesse. Ancora una volta si è tentato di dare una spiegazione sostenendo che le ragazze dovevano comunque occuparsi dell’educazione dei figli. A parte ogni altra contestazione da parte nostra, va notato che la struttura a clan della famiglia non prevede affatto che siano le madri ad occuparsi dei figli, ma per l’appunto le nonne che sono il perno intorno al quale il clan si sviluppa, quindi queste ragazze “madri” vengono di fatto condannate all’ignoranza e private degli strumenti intellettuali che potrebbero diventare fondanti per il benessere futuro dei loro figli. Abbiamo detto alle suore che eravamo esterrefatti che simili concetti potessero essere espressi da donne contro altre donne. Abbiamo visto il loro imbarazzo, che ci ha confortato, che si è poi tradotto in un “allora parlatene con i preti”. Il percorso successivo è stato disastroso e si è infranto contro l’indifferenza del vescovo che non ha accettato di discutere con noi la questione. Vescovo di Santa Romana Chiesa e di provenienza europea. A coronamento del tutto un incontro con un giovane prete italiano missionario che con alcuni contorcimenti ha poi sostenuto che si tratta di un provvedimento educativo per queste popolazioni la cui “moralità” sarebbe. Ovviamente ci pare che si parli di moralità sessuale ove il maligno sembra coniugarsi al femminile soltanto. Spero che sia chiaro il punto che solleviamo dopo aver appreso del vostro gruppo dalla trasmissione di Rai 3 uomini e profeti. Come si colloca questo problema nel vostro sforzo di emancipazione tra le anguste mura della Chiesa? E più prosaicamente: cosa suggerite di fare a noi che non vogliamo mollare la presa? Per il momento abbiamo provveduto a trasferire le ragazze in una cittadina non troppo lontana ove non si conosce il loro stato, ma questa non può essere la soluzione. Scusate l’intrusione nel vostro modo da chi è molto lontano dal vostro credo ma vuole rimanere connesso con tutti coloro che fanno sforzi per stabilire uguaglianza tra gli individui a prescindere da ogni fittizia distinzione.