Testimonianza 14: “mi rifiuto di pensare in modo nostalgico al passato”
Sono una donna cinquantenne che ha vissuto la maggior parte della sua vita sociale e spirituale in parrocchia. Entrata nel gruppo dopocresima a 14 anni ho avuto la fortuna di incontrare amici, sorelle/fratelli e preti e di crescere con il desiderio di realizzare, insieme ai presbiteri, il sogno conciliare sulla chiesa popolo di Dio. I miei assistenti spirituali in Azione Cattolica mi spingevano a costruire la comunità mettendo il mio mattoncino, collaborando con quelli che erano i miei carismi, in particolare nella catechesi e nell’animazione liturgica. Crescendo, sempre loro, i preti, mi (ci) hanno accompagnati a conoscere la spiritualità del Nazareth a Spello, negli anni in cui era ancora presente Carlo Carretto.
Ho fatto anche alcune esperienze nel centro missionario diocesano, campi di lavoro in cui mi sporcavo le mani raccogliendo carta e stracci da rivendere per sostenere i progetti dei missionari della Diocesi. Tutto questo mentre continuavo il servizio in parrocchia in AC e nella liturgia domenicale. Il massimo dell’inserimento in parrocchia l’ho vissuto dal 1997 al 2007 (anno in cui è morto mio marito); presidente di AC, più volte responsabile in vari settori, direttrice del coro, membro del Consiglio Parrocchiale Pastorale. In questo decennio ho avuto la fortuna di avere un parroco appena tornato dalla missione “Fidei Donum” in Brasile che ha saputo portare un metodo molto democratico nella gestione della parrocchia. Ho riflettuto molto dopo l’uscita del Manifesto delle donne per la chiesa sul mio passato di donna attiva in parrocchia e mi sono resa conto che fino al 2007 non mi sono mai sentita una stampella dei preti che si sono susseguiti in parrocchia. Quando mi sono presa il mio tempo sabbatico, quando ho fatto esperienze di Fraternità che uscivano un po’ dalla parrocchia ho visto tutta la realtà da un altro punto di vista, forse anche perché, nel frattempo, lo spessore umano e spirituale dei preti è cambiato. Ho visto una chiesa sempre più centrata sul parroco, che annaspa e pretende le “stampelle”, donne che si dedicano praticamente a tutti i servizi che offre la parrocchia, senza mettersi per niente in discussione, sia il prete che le aiutanti. Che dire? Era meglio quando era peggio? No, mi rifiuto di pensare in modo nostalgico al passato. Sento però che questo è il tempo in cui bisogna ripartire da un senso più spirituale della vita parrocchiale, da un azione più chiaramente evangelica e non conservatrice di pratiche ormai stantie, da una riflessione di popolo magari prendendo in mano le esortazioni apostoliche di Papa Francesco per farle diventare le nuove prassi.