Rete sinodale italiana: le prospettive

Il 3 ottobre si è svolta la conferenza stampa dal titolo ‘Tre anni di cammino insieme, le nostre prospettive’ promossa dalla Rete sinodale italiana, il network che aggrega una trentina di realtà di base, riunite spontaneamente a partire dal 2021 per “camminare insieme” e dare un contributo unitario, sia al Sinodo italiano che a quello universale, attraverso una serie di documenti. L’incontro è stato moderato da Elza Ferrario del movimento Noi siamo chiesa.

Per l’Associazione Donne per la Chiesa era presente Paola Lazzarini che ha seguito il cammino della rete negli anni, insieme ad altre socie. Paola afferma:

“Il messaggio ricevuto infinite volte è che il sinodo non è un processo democratico:  benché la Chiesa apprezzi la democrazia, chiaramente non la vuole per sé.

Allora come guardare a questa istituzione rigidamente gerarchica, basata su un modello imperiale, che impegna così tante energie in un processo di coinvolgimento della base?

Sappiamo che per Papa Francesco il Sinodo ha natura spirituale, perché lui tende ad enfatizzare l’elemento spirituale della Chiesa e sottovalutare quello politico. Tuttavia da sociologa mi sono chiesta quale sia davvero lo scopo politico di un Sinodo fatto così, di questa portata e con questa apertura (al di là dell’esperienza fatta da e tra di noi). Le possibili risposte che ho trovato sono 4, sicuramente se ne possono trovare altre:

– è una risposta alla domanda di partecipazione dei fedeli

– è l’utopia di una chiesa che riesce armonicamente a individuare il bene maggiore

– è una forma di parziale deresponsabilizzazione della gerarchia in un contesto caratterizzato dall’incubo degli abusi

– è un estremo tentativo di salvare il salvabile nei paesi occidentali che vedono una rapida erosione della partecipazione.”

Nel prosieguo del suo intervento ha argomentato questi quattro punti.

Hanno poi preso la parola Marinella Perroni del CTI – Coordinamento Teologhe Italiane e Rosario Lo Negro del Progetto Giovani Cristiani LGBT.

La biblista sintetizza così il suo contributo:

“Grazie a tutte e a tutti quelli che sono venuti prima e che hanno lavorato molto in questo cammino. Il processo sinodale ha messo in campo un’enorme quantità di risorse intellettuali, affettive, economiche e di partecipazione, quindi la mia domanda è:  tutto questo sarà capace di darci una “TAC total body” della Chiesa cattolica?

Occorre anche qualcuno capace di leggere questa TAC e stilare un referto; questo lo vedo difficile, soprattutto per il tema donne e ministeri.

Questi 11 anni di pontificato di Francesco hanno rappresentato un’apertura verso alcune riforme ma una vera e proprio paralisi rispetto a una riforma sistemica, a mio avviso necessaria. Dalla Riforma protestante in poi, nella Chiesa proviamo paura a parlare  di riforma. Pur nella consapevolezza che non sia un’azione da “bacchetta magica”, ritengo che una riforma sistemica sia necessaria.

Sono anche contraria al considerare l’accesso delle donne al ministero ordinato come “la questione”; perché la vera questione della Chiesa è la riforma e una riflessione sul ministero ordinato per come è ora. A mio avviso i prossimi passi in questo cammino non possono che essere ecumenici.”

Afferma Rosario Lo Negro:

“Nei documenti presentati da noi, sia al sinodo della Chiesa italiana che a quella universale, abbiamo sottolineato il riconoscimento della dignità battesimale, comune a tutte e a tutti; abbiamo anche sottolineato la frase di Papa Francesco nella enciclica Evangeli Gaudium del 2013: la realtà è superiore all’idea. Ciò che chiediamo non è né benevolenza né compassione, ma giustizia; non chiediamo perdono ma riconoscimento perché siamo Chiesa.

Non si tratta più di parlare di accompagnamento unilaterale, che crea una separazione tra il pastore che accompagna e coloro che vengono accompagnati. L’accompagnamento non è appannaggio del presbitero e anche noi comunità LGBTQ possiamo a nostra volta accompagnare.

Per noi è importante lasciar parlare le nostre storie, i nostri corpi così come la nostra sessualità. I nostri corpi sono profezie viventi per la Chiesa di oggi, perché fanno emergere le contraddizioni di una dottrina che non permette a persone come me, considerate devianti, di esprimere e vivere una fede liberante.

Vorrei sottolineare che ancora esiste la prassi delle terapie riparative: io stesso ho sperimentato questa pratica violenta. Ci sono ancora persone che richiedono queste terapie, mosse da paura e vergogna: talvolta sono i genitori di una persona LGBTQ o leader di movimenti cattolici o istituzioni della Chiesa. Queste terapie sono dannose perché ledono la dignità della persona che le subisce.”

Dall’incontro emerge chiaramente che, nonostante il lungo cammino e l’investimento di tante energie in questo processo sinodale durato 3 anni, permangono domande e quesiti che richiedono attenzione, riflessione e dialogo. Ci auguriamo di farlo insieme e in modo sinodale.

La conferenza stampa è stata anche trasmessa in streaming ed è possibile rivederla qui:

conferenza stampa Rete sinodale

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