La storia scritta dalle vittime: un’opportunità di trasformazione radicale
di Tina Beattie, “Pensiero del giorno” 22-06-2020 BBC radio
Nel 1992, Francis Fukuyama ha pubblicato il suo autorevole libro, “La fine della storia e l’ultimo uomo”. Egli sosteneva che, dopo il crollo del comunismo, la democrazia liberale con il suo slancio progressivo avrebbe trionfato su tutti i suoi avversari ideologici.
Oggi questa fede nel progresso è messa in discussione dalle molteplici sfide che ci attendono. Lungi dall’essere alla fine della storia, è come se ci trovassimo all’inizio di un capitolo completamente nuovo.
In mezzo a tutto questo, il movimento Black Lives Matter sta portando l’Occidente a confrontarsi con il ventre oscuro del proprio passato. Se, come spesso si dice, la storia è scritta dai vincitori, le proteste del BLM ci chiedono di rivisitare la questione dal punto di vista delle vittime.
Il cristianesimo è stato complice della storia occidentale dell’impero e della schiavitù, ma anche i cristiani hanno fatto parte di quella che a volte viene chiamata storia dal basso. Nel XX secolo sono emerse teologie politiche radicali in risposta all’Olocausto in Europa e tra i movimenti postcoloniali in America Latina, Asia e Africa. Il teologo tedesco Johann Baptist Metz ha parlato dei pericolosi ricordi delle vittime della storia, e ha fatto riferimento al “potere sovversivo del ricordo della sofferenza “. Quando la nostra storia incorpora la sofferenza ricordata dalle vittime, apriamo il futuro ad opportunità di trasformazione radicale. Far cadere gli eroi dai loro piedistalli e occuparci di coloro le cui storie sono state messe a tacere può essere un catalizzatore di cambiamento e una fonte di speranza energizzante. Sono cresciuta in Zambia – allora Rhodesia settentrionale – e più tardi ho vissuto a Bristol per molti anni. Sono sempre stata scettica sulla glorificazione dell’impero britannico e sull’imbiancatura di gran parte del passato di questo Paese. Accolgo con favore l’emergere di un resoconto più veritiero della complicità di uomini come Rodi e Colston in sistemi di terribile ingiustizia e sfruttamento.
Ma la ricerca della giustizia non è la stessa cosa del progresso. C’è una dimensione irriducibilmente tragica nella storia umana, incarnata per me nell’innocenza di Cristo sulla croce, crocifisso dalle potenze dell’impero e della religione. Ci sarà la fine della storia, e il cristianesimo la descrive come il compimento di tutti i nostri più profondi desideri di pace e di armonia. Nel frattempo la lotta continua, ma in uno spirito di speranza e di sfida, credo con Martin Luther King che “l’arco dell’universo morale è lungo, ma si piega verso la giustizia”.