La Chiesa deve interrogarsi sulla formazione dei preti accusati di abusi su minori
di Marco Marzano
in “Domani” del 20 luglio 2021
Don Emanuele Tempesta è un prete di 29 anni, vicario in una parrocchia della diocesi di Milano. E’ stato arrestato a Bardonecchia, dove si trovava in vacanza con un gruppo di minori, con l’accusa di aver abusato, nei mesi precedenti, di almeno otto bambini tra gli otto e i dodici anni. I vertici della diocesi, nell’evidente ansia di sottrarsi ad ogni accusa di collusione con l’indagato, si sono precipitati a rendere noto il fatto e le accuse mosse al prete e ad esprimere «stupore e dolore» e insieme «vicinanza a tutti i soggetti in vario modo coinvolti nella vicenda». Il tono del comunicato e il contenuto di alcuni suoi passaggi fanno insomma pensare che la diocesi reputi credibili e molto gravi gli addebiti rivolti al suo sacerdote. La vicinanza alle presunte vittime e alle comunità coinvolte è sicuramente apprezzabile, ma in questo caso non rappresenta un atto particolarmente coraggioso, dal momento che fa seguito all’arresto del prete da parte delle forze dell’ordine e quindi all’esplosione dello “scandalo”. Diverso sarebbe stato il caso in cui fosse stata la stessa diocesi a denunciare gli abusi alle autorità statali. Quello sarebbe stato un vero gesto straordinario e di discontinuità rispetto al passato. Dissociarsi da un prete indiziato di abusi dopo che costui è stato clamorosamente arrestato può essere facilmente interpretato come un tentativo di tutelare a tutti i costi, anche ammettendo una colpevolezza dell’indagato, che è ancora da dimostrare in sede processuale, l’istituzione dal fango sollevato dalla vicenda. Don Emanuele Tempesta è stato ordinato prete solo due anni fa e in questo brevissimo lasso di tempo potrebbe essersi reso responsabile di un numero tale di reati sessuali da farlo qualificare come un “abusatore seriale”. Prima del 2019 ha trascorso non meno di sei lunghi anni all’interno di un’istituzione totale come il seminario, un luogo chiuso da dove non si esce e dove i ragazzi sono costantemente sotto osservazione da parte dei compagni e soprattutto dei tanti formatori (professori, rettori, vice rettori, educatori, padri spirituali, psicologi, eccetera). Quali valutazioni sono state compiute sulla maturità umana e spirituale del futuro don Emanuele? La chiesa è disposta a mettere a disposizione dell’accertamento della verità il fascicolo che sicuramente possiede nei suoi archivi su don Emanuele? E’ possibile che nessuno tra i compagni e i superiori del seminarista si sia accorto che c’era qualcosa non andava? Una strana carriera Alcune agenzie di stampa riferiscono che don Tempesta sarebbe stato ordinato con alcuni anni di ritardo. Questo vuol dire che molto probabilmente è stato, aun certo punto del percorso, “fermato” dai superiori perché ritenuto non ancora adatto a fare il prete oppure che è stato allontanato da un seminario e ripreso da un altro. Cosa ha motivato lo “sblocco” della sua carriera? E perché si è deciso di ordinarlo comunque? non sarà per caso stata la “fame di preti” a far propendere il vescovo in questa direzione o, peggio, la sistematica sottovalutazione delle qualità umane e della situazione psicologica a tutto vantaggio dell’attitudine a rispettare la disciplina e a seguire gli ordini impartiti dall’alto? L’ultimo punto riguardala personalità dei seminaristi e lo svolgimento della loro carriera dentro i ranghi del clero. Molti di questi ragazzi sono assai immaturi e fragilissimi da ogni punto di vista già al momento di candidarsi al sacerdozio. Molto spesso sono attratti dalla possibilità che l’istituzione offre loro di “mettere tra parentesi”, in ragione dell’obbligo celibatario, le loro difficoltà sessuali e le loro incertezze relazionali e affettive. La permanenza dentro i seminari molto spesso peggiora, e molto, la situazione, consolidando l’attitudine al segreto, al nascondimento e alla menzogna, l’anaffettività e l’immaturità.
L’uscita dal seminario che segue l’ordinazione e l’inserimento in parrocchia fanno venir meno l’ultimo guscio protettivo rappresentato dal monitoraggio quotidiano operato dall’istituzione e finiscono per produrre, nel caso di don Tempesta in un arco di tempo incredibilmente ridotto, conseguenze devastanti per la società e anche per la comunità dei credenti, per il popolo di Dio. L’eventuale colpevolezza di don Emanuele verrà accertata in tribunale, ma la Chiesa Cattolica non ècostretta ad aspettare la sentenza per iniziare un doloroso ma necessario processo di riforma e rigenerazione.