Donne nelle guerre
In questo 25 novembre 2023 vogliamo soffermarci sull’esperienza particolare delle donne che vivono in Paesi in guerra.
Nel 2022, erano 52 i Paesi noti per essere in situazione di conflitto.
Una situazione di guerra provoca spesso livelli più elevati di violenza di genere, tra cui uccisioni arbitrarie, torture, violenze sessuali e matrimoni forzati. La violenza sessuale è sempre più spesso usata come tattica di guerra, e in tale contesto le donne e le ragazze ne sono il bersaglio principale. Le Nazioni Unite hanno verificato 2.455 casi di violenza sessuale legati ai conflitti nel 2022, con il numero più alto registrato nella Repubblica Democratica del Congo. Questi numeri rappresentano tuttavia un sottostima, poiché molti casi non vengono denunciati o non possono essere verificati.
La mancata fornitura di servizi essenziali alla popolazione durante le situazioni di conflitto può avere un impatto sproporzionato sulle donne e le ragazze – ancora una volta, spesso a causa di condizioni discriminatorie preesistenti. L’accesso ad assistenza sanitaria, compresi i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, può essere interrotto e le donne e le ragazze sono maggiormente a rischio di gravidanze non pianificate, di mortalità e morbilità materna, di gravi lesioni sessuali e riproduttive e di infezioni sessualmente trasmissibili, anche a causa della violenza sessuale legata ai conflitti.
D’altra parte, come Donne per la Chiesa ci teniamo a ricordare che le donne, nelle situazioni di conflitto ed instabilità politica, non devono essere viste solo come vittime. Storicamente le donne hanno avuto e continuano ad avere un ruolo importante come combattenti, come parte della società civile organizzata, come membri dei movimenti di resistenza e nella difesa dei diritti umani. Infine, le donne sono sempre parte attiva nei processi di pace e di recupero sia formali che informali.
Anche in questo processo, noi donne siamo spesso nel mirino, perché sappiamo bene che quando ci impossessiamo della nostra capacità di azione (quella che gli anglofoni chiamano agency), diventiamo una minaccia per il sistema patriarcale precostituito. A titolo di esempio, l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (OHCHR) ha verificato l’uccisione di 34 donne difensore dei diritti umani nei Paesi colpiti da conflitti nel 2022, e probabilmente si tratta solo di una piccola parte rispetto ai casi reali.
È per questo che vogliamo amplificare le voci di quelle tante donne attive su vari fronti in diversi Paesi, per il giusto e dovuto riconoscimento del loro impegno. E perché, come ha scritto Antonietta Potente:
Quale potrebbe essere allora il senso di questo nostro tempo? Il senso, credo che siano – come osava ricordare Abramo a Dio – i cinquanta giusti, o forse venti, o dieci o chissà forse solo un giusto (Gen 18,24-32). Questo è il senso: qualcuno che respiri nella giustizia ed immagini la vita.
Nell’immagine (dall’alto a sinistra, in senso orario) sei donne che sono o sono state attive su vari fronti in diversi Paesi in guerra.
Tawakkol Karman, attivista e Premio Nobel per la Pace 2011, Yemen; Naw Betty Han, giornalista, Myanmar; Anna Mokrousova, attivista, Ukraina; Justine Masika Bihamba, attivista, Repubblica Democratica del Congo; Amal Habani, giornalista, Sudan; Shireen Abu Akleh, giornalista, Palestina.
Fonti
Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani
Human Rights Watch
Antonietta Potente, Il nocciolo e la scorza, Ed. Paoline 2020.