Comunicato in merito al DOCUMENTO DI LAVORO PER LA TAPPA CONTINENTALE del Sinodo “Allarga lo spazio della tua tenda”.
L’associazione Donne per la Chiesa ha letto con interesse il documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo e tale lettura ha suscitato in noi alcune considerazioni.
🟣 Innanzitutto condividiamo che l’esperienza del Sinodo sia fin qui stata un’eccezionale opportunità di partecipazione e di dialogo ed apprezziamo che il DTC non sia un documento conclusivo, ma pensato per suscitare ulteriore riflessione e che consideri esplicitamente un “tesoro squisitamente teologico (quello) contenuto nel racconto dell’esperienza di ascolto della voce dello Spirito da parte del Popolo di Dio”. È inoltre importante che siano stati menzionate esplicitamente sia le resistenze di parte del clero al processo sinodale, che la ferita aperta degli abusi come ostacoli al cammino.
🟣 Venendo alle considerazioni che toccano più da vicino la nostra mission associativa, al punto 60 si parla del “ruolo delle donne e la loro vocazione, radicata nella comune dignità battesimale, a partecipare alla vita della Chiesa in pienezza”, non possiamo che rallegrarci, ben sapendo che però parole simili erano emerse anche dei documenti finali dei sinodi sui giovani e sulla regione Panamazzonica, ma da allora ben poco è stato concretamente fatto dal momento che certamente l’apertura di lettorato e accolitato alle donne non sono passi sufficienti e infatti è riemerso ad ogni latitudine. Non si tratta di “valorizzare le donne”, le donne sanno valorizzarsi da sé, si tratta semplicemente di riconoscerne l’uguaglianza e di comprendere, finalmente, che il mancato riconoscimento dell’autorità delle donne mette in crisi l’intera autorevolezza della Chiesa.
Spiace che alle donne, ancora una volta, siano attribuite azioni prettamente sentimentali: “le donne amano, le donne provano tristezza”, quando la verità delle nostre comunità è che le donne sono parte attiva della chiesa (anzi la parte più attiva) e che, se da una parte esigono il giusto riconoscimento, dall’altra sono pronte e protese ad esercitare la loro autorità “senza chiedere il permesso”.
🟣 Al n.61 si afferma che “La Chiesa si trova ad affrontare due sfide correlate: le donne rimangono la maggioranza di coloro che frequentano la liturgia e partecipano alle attività, gli uomini una minoranza; eppure la maggior parte dei ruoli decisionali e di governo sono ricoperti da uomini. È chiaro che la Chiesa deve trovare il modo di attirare gli uomini a un’appartenenza più attiva alla Chiesa e di permettere alle donne di partecipare più pienamente a tutti i livelli della vita della Chiesa.” La scelta delle parole in questa conclusione è precisa: “appartenenza” resta un termine riservato all’ambito maschile, mentre alle donne non rimane che la parola “partecipazione”. Di fatto c’è una resistenza anche solo a nominare il fatto che la Chiesa appartiene anche alle donne, all’interno della quale esse possano e debbano avere ruoli decisionali e di governo.
🟣 È indubitabile che la questione dell’ordinazione delle donne (n.64) vede posizioni diversificate ed apprezzando che sia stata almeno NOMINATA all’interno di un documento ecclesiale, vorremmo che venisse riconosciuto il fatto che il discernimento di cui si parla deve essere condotto anche e soprattutto a partire dalle esperienze reali e concrete di donne che si sentono chiamate a servire la Chiesa nel presbiterato. Allo stesso modo, quando si parla di carismi e ministeri laicali, auspichiamo che si voglia, in questa seconda fase e per il futuro, partire dalla concretezza e dalla creatività che lo Spirito suscita già oggi nelle comunità.
🟣 In merito alla questione dell’aborto (n.37) ci aspettiamo che la Chiesa oltre a voler preservare e proteggere “la vita del nascituro”, sia altrettanto attenta e sollecita nel preservare e proteggere la vita e la salute delle donne che non hanno bisogno di educazione, ma di sostegno e soprattutto di rispetto.